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    1950-2020: le auto più vincenti della storia della Formula 1

    XVI Bahrain Grand Prix, I Sakhir Grand Prix, XII Abu Dhabi Grand Prix: sono questi gli ultimi tre appuntamenti che decreteranno la fine di questa strana ma interessante stagione di Formula 1. Un campionato che, come accade ininterrottamente dal 2014, ha visto trionfare la Mercedes.
    Lewis Hamilton centra il suo settimo sigillo, eguagliando, così, Michael Schumacher; parimenti, la Mercedes conquista il suo settimo titolo Costruttori consecutivo.
    Sinora, la Mercedes F1 W11 — monoposto azionata dalla power unit Mercedes M11 EQ Performance — ha ottenuto 12 vittorie (10 Hamilton, 2 Bottas). Un bottino a dir poco eccelso, considerati i “soli” 17 Gran Premi in calendario. Un dominio che, nelle ultime 3 gare, può essere ulteriormente amplificato: la F1 W11, infatti, può facilmente raggiungere quota 15 vittorie.
    Quali sono, dunque, i modelli di vetture Formula 1 più vincenti nella storia?
    Al primo posto, con 19 vittorie complessive, troviamo ancora una Mercedes. L’anno è il 2016, la vettura in questione è la Mercedes F1 W07. La vettura, nata sotto la direzione tecnica di Paddy Lowe ed azionata dalla power unit PU106C, consente a Nico Rosberg e Lewis Hamilton di dominare la stagione. Rosberg — campione del Mondo — ottiene 9 vittorie, Hamilton 10. Si tratta dell’ultima monoposto iridata prima dell’introduzione dei nuovi regolamenti tecnici entrati in vigore nel 2017.
    Una vettura pressoché perfetta, priva di punti deboli, la quale consente ai due alfieri del Mercedes AMG Petronas F1 Team di marcare punti in ogni gara, salvo tre battute d’arresto: il doppio zero a seguito della collisione al via tra Rosberg ed Hamilton (GP di Spagna) e lo zero marcato dall’inglese in Malesia (rottura motore).
    Al secondo posto, con 16 vittorie, troviamo tre monoposto che hanno scritto la storia della F1: la McLaren M23, la Mercedes F1 W05 e la Mercedes F1 W06.
    La McLaren M23 costituisce un lampante esempio di monoposto F1 longeva. Facilmente adattabile ai vari — ma sufficientemente stabili e, soprattutto, liberi e snelli — regolamenti tecnici, la M23 debutta in occasione del GP del Sudafrica del 1973. Disegnata da Gordon Coppuck, fa il proprio esordio in quel di Kyalami nelle fila dello Yardley Team McLaren affidata a Denny Hulme: pole-position e 5° posto in gara. Le prime vittorie arrivano già nel 1973: Hulme trionfa ad Anderstorp, Peter Revson a Silverstone e Mosport Park.
    Nel 1974, grazie alla M23 spinta dall’altrettanto celeberrimo Cosworth DFV (V8 di 90°, 3000cc, aspirato), la McLaren conquista i suoi primi titoli Piloti e Costruttori. Emerson Fittipaldi — vittorioso in tre GP — si laurea campione del Mondo. Il bis arriva nel 1976. La M23, aggiornata e profondamente modificata in alcune aree, consente a James Hunt (6 vittorie) di laurearsi campione del Mondo.
    La sedicesima ed ultima vittoria della M23 si concretizza in occasione del GP USA Est 1976: James Hunt trionfa a Watkins Glen. Con l’introduzione dei nuovi modelli McLaren tra il 1977 ed il 1978, la M23 viene destinata soprattutto ai team privati, quali il Chesterfield Racing, l’Iberia Airlines e il Centro Aseguredor F1 (team facenti capo a Emilio De Villota), il Liggett Group/B&S Fabrications (poi BS Fabrications), il Melchester Racing. L’ultima apparizione della M23 in F1 è datata 10 settembre 1978: a Monza, è Nelson Piquet a portare in gara la M23-Cosworth DFV iscritta dal BS Fabrications.
    Appaiate a 16 vittorie vi sono anche le Mercedes F1 W05 e F1 W06, rispettivamente risalenti al 2014 e 2015. Sin dagli albori della nuova era delle motorizzazioni V6 di 1600cc Turbo-ibride, la Mercedes ha imposto il proprio dominio tecnico. La F1 W05, spinta dalla power unit PU106A, si dimostra vettura pressoché impareggiabile: Hamilton vince 11 GP, Rosberg 5. Hamilton e Rosberg si rivelano straripanti anche nel 2015, al volante della rinnovata F1 W06-Mercedes PU106B. L’inglese trionfa in 10 GP, il tedesco in 6, a testimonianza di una supremazia tecnica merito di una monoposto eccelsa ed equilibrata sotto ogni profilo.
    A quota 15 vittorie troviamo altre iconiche vetture: la McLaren Mp4/4, la Ferrari F2004 e la Mercedes F1 W10. La McLaren Mp4/4 è, senza dubbio, tra le monoposto di F1 più significative di tutti i tempi. Bellissima, tecnicamente perfetta. Progettata da Gordon Murray e Steve Nichols, è azionata dall’Honda RA168E (V6 di 80°, Turbo, 1500cc). Ayrton Senna ed Alain Prost dominano in lungo e in largo la stagione 1988: su 16 GP in calendario, 15 sono vinti dalla Mp4/4-Honda (7 Prost, 8 Senna).
    La Ferrari F2004 è artefice di una annata storica: la vettura di Maranello, tra le massime espressioni dell’era Ross Brawn e Rory Byrne, domina la stagione: Michael Schumacher si aggiudica 13 GP su 18 in calendario, Rubens Barrichello trionfa a Monza e in Cina. Siamo all’apice dell’era dei V10 aspirati di 3000cc ed il Ferrari 053 rappresenta uno dei migliori compromessi tra potenza ed affidabilità.
    15 trionfi anche per la Mercedes F1 W10. È cronaca di questi anni, di questi mesi. Si tratta, infatti, della monoposto campione del Mondo 2019. 11 vittorie Hamilton, 4 Bottas e la doppietta (l’ennesima) è servita.
    A quota 14 vittorie troviamo altre tre vetture altamente rappresentative: la Ferrari 500, la Lotus 25 e la Ferrari F2002.
    Con la Ferrari 500 si ritorna al biennio 1952-1953, quando il Mondiale Piloti viene assegnato con le vetture di Formula 2. Alberto Ascari firma una storica doppietta iridata, dimostrandosi il miglior interprete di questa splendida vettura. Il campione italiano, infatti, si aggiudica 11 vittorie al volante della Ferrari 500 tra il GP del Belgio 1952 ed il GP di Svizzera 1953. Piero Taruffi, Mike Hawthorn e Giuseppe Farina sono i nomi (illustri) degli altri autori di vittorie al volante della mitica 500, partorita dal sommo ingegno di Aurelio Lampredi.
    Con la Lotus 25, invece, si torna ai mitici Anni ’60. È in questi anni che nasce ed esplode il mito di Colin Chapman, della sua Lotus e di Jim Clark. La Lotus 25, nella fattispecie, incarna la pura essenza della autentica Formula 1: una vettura tecnicamente all’avanguardia, emulata e ammirata, longeva, sempre competitiva. La Lotus 25 debutta in occasione del GP dei Paesi Bassi del 1962, condotta da Clark. La prima vittoria arriva già sul circuito di Spa-Francorchamps.
    Nel 1962 sarà Graham Hill ad imporsi al volante di un’altra monoposto mitica, la BRM P57. Ma è la Lotus 25, tuttavia, a sbalordire. Nel 1963, Clark monopolizza il campionato: 7 vittorie in 10 gare in calendario! Nelle mani di Jim Clark, La Lotus 25 — azionata dal V8 Coventry-Climax (siamo nell’era dei 1500cc aspirati) — non ha rivali. Sarà, infatti, il pilota scozzese il solo a portare al successo la iconica Lotus 25.
    Nel 1964, la Lotus 25 inizia ad essere affiancata dalla nuova Lotus 33. Il Team Lotus non è la sola scuderia ad usare il modello 25: dopo il Brabham Racing Organisation nel solo GP di Monaco 1963, ecco aggiungersi il Reg Parnell Racing, compagine che impiegherà le Lotus 25 motorizzate BRM P56 (dal 1966, la cilindrata di questi V8 è maggiorata sino a 2000cc, in ogni caso 1000cc in meno rispetto ai “canonici” 3000cc aspirati in vigore a partire dal 1966) sino al GP d’Olanda del 1967. L’ultima vittoria della Lotus 25 risale al GP di Francia 1965: in quell’occasione, sul tracciato di Clermont-Ferrand, è ancora Jim Clark ad imporsi.
    14 trionfi anche per la Ferrari F2002, monoposto che ha segnato un’epoca: quella di Michael Schumacher e di annate letteralmente dominate dal Cavallino. La F2002, tuttavia, debutta (affidata al solo Schumacher) in occasione del GP del Brasile, terzo GP dell’anno. In Australia e Malesia, infatti, la Ferrari schiera ancora la valida e vincente F2001.
    Affidata a Schumacher, la F2002 trionfa in 10 occasioni; Barrichello, dal canto suo, fa suoi 4 GP, tra cui il GP d’Italia a Monza.
    Williams, Red Bull e Renault sono scuderie — ancora attive — che possono vantare un invidiabile curriculum.
    La Williams più vincente è la FW18, a quota 12 vittorie. È il 1996: Adrian Newey e Patrick Head sfoderano la FW18. Azionata dal V10 di 67° Renault RS8 (3000cc aspirato), questa monoposto consente a Damon Hill di vincere il titolo Piloti. Il figlio d’arte inglese si aggiudica 8 Gran Premi, il debuttante Jacques Villeneuve (vicecampione), invece, trionfa in 4 occasioni.
    La Red Bull con più successi all’attivo è la RB9: 13 trionfi per la monoposto curata da Adrian Newey. Siamo nel 2013. Sebastian Vettel, al suo quarto e sinora ultimo titolo iridato, impone un dominio imbarazzante. Vince 13 GP dei 19 in calendario; ben 9 le vittorie consecutive (dal GP del Belgio al GP del Brasile). Ad azionare la vettura, l’ultimo V8 di 90° aspirato di 2400cc iridato: il Renault RS27-2013.
    Renault, infine, piazza due sue auto a quota 8 vittorie: sono la R25 e la R26, rispettivamente risalenti al 2005 e 2006. Stiamo parlando, pertanto, delle monoposto grazie alle quali Fernando Alonso ha conquistato i suoi due titoli Piloti.
    La R25 è azionata dal V10 aspirato Renault RS25, ultimo 10 cilindri iridato di F1 prima dell’era dei V8. Alonso si impone in 7 GP, Giancarlo Fisichella in un solo GP, al debutto in Australia. La R26, invece, inaugura la stagione dei V8 di 90° aspirati di 2400cc, era terminata nel 2013. Nata ancora sotto la direzione tecnica di Robert Bell, la R26 si aggiudica 7 corse con Alonso ed una con Fisichella.
    Dal 2021, si riapre la caccia al record di vittorie detenuto dalla Mercedes F1 W07. E con ben 23 GP in calendario, la Mercedes ed i suoi più accreditati avversari possono cercare di scalfire tale primato.
    a caccia è aperta. LEGGI TUTTO

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    F1, In ricordo di Elio De Angelis: Imola 1985 e la pazza girandola di emozioni

    Ormai ci siamo.
    Il prossimo 1 novembre andrà in scena il primo (e forse unico) GP dell’Emilia Romagna.
    Era il 23 aprile 2006 quando si disputava l’ultimo GP di San Marino. Da quel memorabile giorno che vedeva trionfare la Ferrari 248 F1 condotta da Michael Schumacher, il tracciato di Imola (Autodromo Enzo e Dino Ferrari) è scomparso dalle scene e dai calendari della Formula 1.
    Imola — sebbene in condizioni anomale ed emergenziali — riabbraccia la Formula 1 in una stagione pesantemente condizionata dalla pandemia del Covid-19. Dal 2006, la F1 stessa è profondamente cambiata: piloti, auto, il tracciato stesso. Ciò che non cambierà, tuttavia, sarà l’adrenalina nel vedere le odierne vetture di F1 destreggiarsi tra i difficili saliscendi del celeberrimo circuito italiano.
    Imola e la F1. Un amore a prima vista. Il tracciato emiliano-romagnolo entra nel calendario iridato solo nel 1980: era il 14 settembre quando si disputava — in luogo del classico appuntamento monzese — il LI Gran Premio d’Italia. Dal 1981 e sino al 2006, Imola accoglierà 26 edizioni del GP di San Marino.
    L’Italia e Imola. Piloti e vetture italiani hanno, in più occasioni, dominato l’ostico, entusiasmante circuito imolese. Ferrari e Williams vantano 8 successi a testa; al contempo, gli unici piloti italiani ad aver trionfato ad Imola sono Elio De Angelis (1985) e Riccardo Patrese (1990).
    Ed è proprio la rocambolesca vittoria conseguita dal pilota romano che vogliamo ricordare e raccontare.
    È il 5 maggio 1985, va in scena il V Gran Premio di San Marino, terzo appuntamento della stagione. All’indomani del GP del Portogallo, la classifica generale Piloti recita: Michele Aboreto 12, Alain Prost e Ayrton Senna 9, Elio De Angelis 7, Patrick Tambay 6.
    De Angelis si presenta a Imola più carico che mai, reduce dal 3° posto in terra brasiliana e dal 4° sotto la pioggia battente dell’Estoril. Il connubio tra la Lotus 97T-Renault e De Angelis funziona. E infatti, anche le qualifiche ufficiali del GP di San Marino vedono le Lotus 97-Renault Turbo di Senna e De Angelis svettare nelle prime posizioni.
    Il brasiliano conquista la pole-position in 1’27”327 (media di 207,7 km/h); al suo fianco — staccata di pochi millesimi — la Williams FW10-Honda di Keke Rosberg (1’27”354, media di 207,7 km/h). De Angelis apre la seconda fila, firmando il 3° tempo in 1’27”852 (media di 206,5 km/h), a precedere la Ferrari 156/85 di Michele Alboreto (1’27”871, media di 206,4 km/h).
    Al via, le Lotus di Senna e De Angelis si issano in testa. Senna comanda, De Angelis — partito con grande slancio — sopravanza la Williams di Rosberg. Trascorsa una decina di passaggi, De Angelis rallenta il proprio ritmo, complice anche una perdita di pressione da uno dei due turbocompressori. Nell’arco di un paio di giri, il romano è sopravanzato tanto da Alboreto quanto dall’arrembante Alain Prost (McLaren Mp4/2B-Porsche). Senna, frattanto, comanda la corsa, ancora tallonato da un pimpante Alboreto e da un attento Prost.
    De Angelis cede il passo anche alla seconda McLaren, quella condotta da Niki Lauda. Trascorsi 23 giri, De Angelis occupa la quinta posizione.
    Il ritiro di Alboreto (alternatore) lascia campo libero a Senna, Prost, Lauda, De Angelis e Stefan Johansson (Ferrari 156/85), autore di una esemplare rimonta dalle retrovie. Ma i colpi di scena non sono finiti…
    Senna e Prost si esibiscono in un duello all’arma bianca, ignari del destino beffardo che li attende. Senna, quindi allunga. Johansson — veloce e regolare — raggiunge la vetta della classifica: quando mancano ormai 4 giri al termine della corsa, Senna precede lo svedese della Ferrari, Prost e De Angelis.
    A tre giri dal termine, l’imponderabile. Senna rallenta: la sua Lotus è rimasta senza benzina. Johansson va in testa. Il boato del pubblico ferrarista è assordante e fragoroso.
    Il sogno di Johansson, tuttavia, dura solo pochi chilometri: anche il bravo pilota del Cavallino rimane a secco di carburante. Il regolamento è spietato: il consumo massimo a gara è, infatti, fissato a 220 litri, soglia entro la quale gli esuberanti motori turbocompressi — se non ottimamente dosati dai piloti nell’arco dell’intero GP — faticano a rientrare.
    Alla bandiera a scacchi, Prost precede De Angelis, Thierry Boutsen (eccellente 3° al volante della Arrows A8-BMW), Patrick Tambay (Renault RE60), Lauda, Nigel Mansell (Williams FW10-Honda) e Johansson, classificato al 7° posto.
    Nel corso delle verifiche post-gara, tuttavia, i commissari riscontrano una irregolarità sulla McLaren del pilota francese. La monoposto motorizzata Porsche, infatti, risulta sottopeso: 536 kg, ossia 4 chili più leggera rispetto al peso minimo regolamentare, pari a 540 kg. Prost è squalificato.
    De Angelis, dunque, si aggiudica il GP di San Marino del 1985. Per il pilota romano si tratta della sua seconda ed ultima vittoria in carriera (la prima, ricordiamo, risale al GP d’Austria 1982, su Lotus 91-Cosworth). Assieme a Prost, è il solo pilota ad aver ultimato i 60 giri di gara previsti: lo fa in 1h 34m 35.955s, alla media di 191,7 km/h.
    All’indomani del successo in quel di Imola, De Angelis balza in testa al campionato. Un campionato che, al termine delle 16 gare in calendario, lo vedrà occupare il 5° posto finale a quota 33 punti. Davanti a sé, Prost (73, 76 senza scarti), Alboreto (53), Rosberg (40), Senna (38).
    Una vittoria sì fortunosa ma che, invero, premia un pilota, un uomo la cui memoria è ancora oggi vivida e indelebile nel cuore e nelle menti degli appassionati.
    Imola è anche tua, Elio. LEGGI TUTTO

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    GP Germania F1 2013: l’ultima gara al Nurburgring, prima del ritorno nel 2020

    La cancellazione della prima e seconda sessione di prove libere della primissima edizione del Gran Premio d’Eifel non ha fatto altro che allungare di qualche ora un’attesa che separa il mondo della Formula 1 dal Nurburgring da ormai sette anni.
    Con le qualifiche di questo pomeriggio infatti, nella speranza di condizioni climatiche più clementi, le monoposto di Formula 1 torneranno a sfrecciare sull’asfalto dello storico tracciato tedesco per la prima volta dal 2013, anno in cui si tenne l’ultima gara valevole per il campionato del mondo.Da allora, il Circus è cambiato drasticamente: vuoi per le modifiche regolamentari e tecniche, per l’avvicendamento di campioni e team di prima fascia e per l’abbandono di varie piste a favore di nuovi orizzonti non sempre graditi dai puristi.Insomma, cosa accadde l’ultima volta in cui la F1 issò le sue tende al Nurburgring? Facciamo dunque un balzo indietro di sette anni, prima che questo weekend possa finalmente spezzare l’incantesimo e le distanze.
    Un appuntamento quasi fisso
    Sin dagli albori della Formula 1, la pista tedesca del Nurburgring è stata sempre considerata come una delle tappe più classiche, amate e pericolose dell’intero calendario. Entrata a far parte del campionato del mondo di F1 nel 1951, da allora fino al 1976 il celebre tracciato divenne la sede fissa del Gran Premio di Germania. Diversamente da quanto accade oggi, in quegli anni le monoposto si davano battaglia sul mitologico Nordschleife, ossia la versione completa della pista, lunga addirittura 20 km. Famosa per i suoi tratti tortuosi misti ai lunghissimi rettilinei, la Formula 1 interruppe la sua permanenza su questa versione dopo il terribile incidente occorso a Niki Lauda proprio nel 1976, tanto da spingere gli organizzatori a realizzare una variante della pista molto più corta e sicura.
    E infatti, soltanto nel 1984 il Circus tornò nella regione tedesca dell’Eifel (da cui prende il nome il gran premio dell’edizione 2020). Per l’occasione, la pista divenne sede per la prima volta non più del Gran Premio di Germania (nel frattempo passato ad Hockenheim), bensì del Gran Premio d’Europa.
    Dopo una seconda edizione nel 1985, il nuovo Nurburgring sparì dai radar della Formula 1 per ben 10 anni, prima di tornare stabilmente in calendario dal 1995. Da allora, fino al 2007, Nurburgring fu sempre sinonimo di GP d’Europa, ad eccezione delle stagioni 1997-1998 in cui fu invece sede del Gran Premio del Lussemburgo, così intitolato per la vicinanza della pista al Granducato.
    Dal 2008, invece, si concretizzò il patto con Hockenheim per l’alternanza ad ospitare il Gran Premio di Germania: in quella stagione fu proprio Hockenheim ad assicurarsi il diritto di aprire i propri cancelli alla F1, lasciando al Nurburgring le edizioni del 2009 e del 2011.
    GRAN PREMIO DI GERMANIA 2013
    Sin dagli inizi della stagione 2013, tuttavia, la tappa prevista al Nurburgring fu seriamente messa in discussione dagli organizzatori e dalla stessa FIA, viste le difficoltà economiche incontrate dal celebre tracciato per poter ospitare il Gran Premio di Germania. Nonostante la concreta minaccia di cedere il passo definitivamente ad Hockenheim già a partire da quell’anno, l’edizione del GP tedesco venne invece confermata al Nurburgring.
    Domenica 7 luglio 2013 prese quindi il via la 74° edizione del Gran Premio di Germania, con Lewis Hamilton nei panni dell’uomo da battere: l’inglese, al suo primo anno in Mercedes dopo il ritiro definitivo dalle competizioni di Michael Schumacher, prese infatti il via dalla pole position, dimostrando gli ottimi progressi della Mercedes dopo la vittoria conseguita da Nico Rosberg nel precedente appuntamento a Silverstone.
    Tuttavia, lo scatto più fulmineo alla partenza porta la firma dei due piloti della Red Bull campione del mondo in carica, e vera dominatrice dei primi anni ’10 del 2000: Mark Webber e Sebastian Vettel. L’australiano balza infatti al comando della corsa, tenendo a debita distanza il padrone di casa nonché campione del mondo in carica, avviato anche quell’anno verso la riconferma iridata (la quarta ed ultima della sua carriera fino ad ora). Nonostante la leadership guadagnata e difesa con le unghie e con i denti, lo stesso Webber si rende protagonista, suo malgrado, di un episodio da brivido: nel corso del suo primo cambio gomme, i meccanici della Red Bull non riescono a fissare a dovere la ruota posteriore destra, facendo partire anzitempo l’australiano dalla piazzola. Dopo qualche metro, la stessa ruota si stacca dalla monoposto, colpendo in pieno un operatore televisivo: nonostante lo spavento e la botta, l’uomo se la caverà con qualche frattura, senza mai entrare in pericolo di vita. Per Webber, che riuscirà comunque a riprendere la corsa, la fuga verso la vittoria è compromessa.In tutto questo ne approfitta il suo compagno di squadra Sebastian Vettel, che balza al comando della corsa senza mai perdere la leadership fino alla bandiera a scacchi. Con una Ferrari poco brillante, tanto che Felipe Massa è costretto al ritiro e Fernando Alonso non va oltre al 4° posto (lo spagnolo si consolerà con il giro più veloce della corsa), la lotta per il podio si risolve a favore delle due Lotus-Renault di Kimi Raikkonen e Romain Grosjean, le quali vanno a conquistare rispettivamente il 2° e 3° posto, completando il podio alle spalle del vincitore Sebastian Vettel, al suo 30° successo in F1.
    Da allora, dopo le già citate difficoltà economiche e la posizione più solida di Hockenheim per poter ospitare una gara in Germania, il Nurburgring sparisce dal calendario della Formula 1.Inizialmente non previsto anche per la stagione 2020, la FIA, a seguito dell’emergenza Covid-19, torna ad “abbracciare” il Nurburgring insieme ad altri tracciati esclusi dal calendario ufficiale pre-Covid, riportando la Formula 1 sul tracciato tedesco per la prima volta dopo sette anni dal quel successo di Vettel con la sua Red Bull.
    Lo stesso Vettel trionfante che oggi si appresta a scendere in pista già consapevole del futuro che lo attende lontano da Maranello, in una crisi di risultati senza precedenti e per nulla paragonabile al suo periodo d’oro conclusosi proprio sette anni fa, dopo quattro titoli mondiali consecutivi.

    GP GERMANIA (EIFEL) F1 2020 – FOTO LEGGI TUTTO

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    Lotus 80 e Arrows A2: insuccessi di successo in Formula 1

    1979-2019. E sono già 40. 40 anni ci separano, ormai, da un anno cruciale per la Storia tecnica della Formula 1 e, più in generale, dell’automobilismo sportivo. L’era delle wing-car e delle monoposto di Formula 1 ad effetto suolo è appena iniziata. Tra il 1976 ed il 1977, appaiono le prime vetture di F1 provviste […] LEGGI TUTTO

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    Flashback GP | Canada F1 1978: La prima sinfonia di Gilles Villeneuve

    Di solito, quando si parla di Gilles Villenueve, si ricordano incidenti, imprese contro ogni pronostico, sospensioni rotte e quant’altro di più improbabile possa accadere su un circuito; beh, la prima vittoria di Gilles fu tutt’altro che difficile o, perlomeno, con un coefficiente di difficoltà diverso. Uno scherzo del fato, come il luogo, Montreal, isola di […] LEGGI TUTTO