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Il Gp del Messico e il falso problema dei doppiati! Nessun allarme, questa è la F1!


Il 3 novembre 2018, appare su it.motorsport.com un articolo a firma di Roberto Chinchero titolato: “F1 spaccata in Messico: il gruppo a due giri dai top team! È allarme regole?“.

Nell’articolo, invero un po’ fumoso, si cercano di stabilire le cause per cui, nello scorso GP del Messico del 28 ottobre 2018, il numero dei doppiati e la quantità dei giri di distacco abbiano raggiunto valori considerevoli: Verstappen, Vettel, Raikkonen ed Hamilton ultimano 71 giri, Bottas 70, infine i piloti che vanno da Hulkenberg (6°) a Magnussen (15°) completano 69 passaggi. Grosjean, 16° ed ultimo dei classificati, è fermo a 68 giri.

Dove si vuole andare a parare con questo articolo? E soprattutto, cosa pretendono quei team che, attualmente, non sono in grado di lottare per le posizioni di vertice? Il discorso, demagogico e tipicamente contemporaneo, punta sempre in una unica direzione: il “contenimento dei costi” e i regolamenti, a detta di alcuni, sbagliati poiché non livellano a sufficienza le prestazioni delle vetture. Il riferimento è alle cosiddette “parti standard” (ossia, componenti – anche rilevanti – standardizzati e comuni a tutte le vetture; da anni, va ricordato, esiste già un siffatto regime per alcuni dettagli affatto secondari, ad esempio la centralina e l’elemento centrale dell’ala anteriore). Siamo alla follia, insomma.

Morale della favola: oggi, nell’era in cui tutte le auto debbono palesare forzosamente e “per regolamento” le medesime prestazioni e in cui tutti i piloti debbono poter puntare alla vittoria, i doppiati (parimenti alle rotture meccaniche) sono considerati un’onta, una vergogna, un fenomeno da debellare quasi fosse una epidemia di colera. Nulla di più sbagliato e fuorviante, a nostro avviso. Ecco le ragioni del nostro dissenso.

Anzitutto, occorre tracciare considerazioni storiche. Analizzando le classifiche di tutti i Gran Premi dal 1950 ad oggi, ci si accorge di un fatto: la fisionomia della classifica del GP del Messico 2018  corsa in cui il 6° classificato risulta già doppiato di 2 giri – è ben lungi dall’essere un “accidente”, un fatto accidentale. Anzi, è vero il contrario: le eccezioni, nel corso di tanti anni di Formula 1, sono rappresentate da quei GP in cui tanti o tutti i piloti sono racchiusi nel medesimo giro del vincitore. Gli esempi sono molteplici: impossibile elencarli tutti. Ne citeremo solo alcuni, allo scopo di offrire al lettore una ampia panoramica del fenomeno in questione.

Il GP di Gran Bretagna/Europa del 13 maggio 1950 (Silverstone) inaugura il Mondiali Piloti di Formula 1. Le tre Alfa Romeo 158 di Giuseppe Farina, Luigi Fagioli e Reg Parnell ultimano 70 giri in oltre 2 ore di gara; le Talbot Lago T26C-DA e T26C di Yves Giraud-Cabantous e Louis Rosier (rispettivamente 4° e 5° al traguardo) completano 68 giri. Negli Anni ’50, queste classifiche sono all’ordine del giorno. Nulla cambia, però, negli Anni ’60.

8 luglio 1962, GP di Francia, circuito di Rouen-les-Essarts: Dan Gurney (Porsche 804), vincitore, ultima i previsti 54 giri: Tony Maggs (Cooper T60-Climax), 2°, è doppiato di 1 giro, Richie Ginther (BRM P57), 3°, è doppiato di 2 giri, Bruce McLaren (Cooper T60-Climax), John Surtees (Lola Mk4-Climax) e Carel Godin de Beaufort (Porsche 718), rispettivamente 4°, 5° e 6° al traguardo, sono doppiati di 3 giri. Ah, la vera Formula 1…

4 maggio 1969, GP di Spagna, circuito cittadino del Montjuïc. Passano gli anni, cambiano i circuiti e le vetture, i piloti e i regolamenti ma il canovaccio non muta di una virgola: Jackie Stewart (Matra MS80-Cosworth) vince la corsa, ultimando i 90 giri previsti in oltre 2 ore e 15 minuti. Al 2° posto, Bruce McLaren (McLaren M7C-Cosworth), doppiato di 2 giri (88), al 3° Jean-Pierre Beltoise (Matra MS80-Cosworth), doppiato di 3 giri (87). Un nuovo decennio di Gran Premi si apre. Anni ’70, ruggenti. Eppure, in numerosi casi, si assiste alla medesima trama: pochi piloti  o solo il vincitore  a pieni giri, distacchi sovente biblici tra i vari piloti (anche a pieni giri), tutti gli altri ampiamente doppiati. 14 luglio 1979, GP di Gran Bretagna, Silverstone. Le gare da 300 (o poco più) chilometri aiutano a livellare piloti e distacchi ma, come detto, le occasioni in cui i distacchi sono biblici e i piloti doppiati numerosi fioccano che è una bellezza. Vince Clay Regazzoni (Williams FW07-Cosworth), il quale ultima i 68 giri di gara in poco meno di 1 ora e mezza. Alle sue spalle, René Arnoux (Renault RS10), distaccato di oltre 24 secondi. Jean-Pierre Jarier (3°, Tyrrell 009-Cosworth), John Watson (4°, McLaren M29-Cosworth), Jody Scheckter (5°, Ferrari 312T4) e Jacky Ickx (6°, Ligier JS11-Cosworth) sono doppiati di 1 giro. Patrick Tambay, 7° su McLaren M28-Cosworth, è doppiato di 2 giri.

Negli Anni ’80, alba o tramonto, il canovaccio prevede ancora Gran Premi contraddistinti da pochi piloti a pieni giri, distacchi consistenti ed una lunga lista di doppiati. E non potrebbe essere altrimenti, considerata la snellezza e la genuinità dei regolamenti tecnici e sportivi. 4 maggio 1980, GP del Belgio, Zolder. A trionfare è Didier Pironi (Ligier JS11/15-Cosworth); alle sue spalle, Alan Jones (ad oltre 47 secondi, Williams FW07-Cosworth) e Carlos Reutemann (ad oltre 1 minuto e 24 secondi, Williams FW07-Cosworth). I tre piloti ultimano i 72 giri di gara previsti. Arnoux (4°, Renault RE20), Jarier (5°, Tyrrell 010-Cosworth), Gilles Villeneuve (6°, Ferrari 312T5) e Keke Rosberg (7°, Fittipaldi F7-Cosworth) sono doppiati di 1 giro, Scheckter (8°, Ferrari 312T5) e Derek Daly (9°, Tyrrell 010-Cosworth) di due. E voliamo al 1989. 7 maggio, Monaco. Ne vediamo delle belle, peraltro su un tracciato che, in teoria, dovrebbe livellare i valori in campo. Vince Ayrton Senna (McLaren Mp4/5-Honda), il quale copre 77 giri (corsa prevista su 78 giri; un giro viene decurtato a seguito dell’annullamento della procedura di partenza) in poco meno di 1 ora e 55 minuti. Al 2° posto, distaccato di oltre 52 secondi e al volante della medesima monoposto del brasiliano, Alain Prost. I piloti a pieni giri finiscono qui. Stefano Modena, 3° (Brabham BT58-Judd), completa 76 giri, Alex Caffi (4°, Dallara 189-Cosworth), Michele Alboreto (5°, Tyrrell 018-Cosworth), Martin Brundle (6°, Brabham BT58-Judd), Eddie Cheever (7°, Arrows A11-Cosworth) sono fermi a 75 passaggi. Alessandro Nannini (8°, Benetton B188-Cosworth), Jonathan Palmer (9°, Tyrrell 018-Cosworth) e Thierry Boutsen (10°, Williams F12C-Renault) chiudono la corsa doppiati di 3 giri.

Negli Anni ’90, sebbene in molti piloti (e auto) possono ambire a terminare le corse a pieni giri, non mancano (tante) occasioni in cui la classifica finale sia per così dire alquanto dilatata. Tre esempi su tutti: Imola 1991, Interlagos 1994, Adelaide 1995. Ad Imola (GP San Marino, 28 aprile), solo le due McLaren Mp4/6-Honda di Senna e Gerhard Berger terminano a pieni giri (61). JJ Lehto (3°, Dallara 191-Judd) ultima 60 giri, Pierluigi Martini (4°, Minardi M191-Ferrari) ne completa 59. Mika Häkkinen (5°, Lotus 102B-Judd), Julian Bailey (6°, Lotus 102B-Judd), Thierry Boutsen (7°, Ligier JS35-Lamborghini) e Mark Blundell (8°, Brabham BT60Y-Yamaha) sono fermi a 58 giri ultimati.

Ancor più clamoroso è il responso del GP del Brasile 1994 (27 marzo), corsa inaugurale della stagione. Michael Schumacher (Benetton B194-Cosworth) vince il GP, ultimando i 71 giri in poco più di 1 ora e 35 minuti. Alle spalle del futuro campione del Mondo tedesco, la Williams FW16-Renault di Damon Hill, doppiata di 1 giro. Attardati di 1 giro sono anche Jean Alesi (3°, Ferrari 412T1) e Rubens Barrichello (4°, Jordan 194-Hart). Chiudono la zona punti, rispettivamente al 5° e 6° posto, Ukyo Katayama (Tyrrell 022-Yamaha) e Karl Wendlinger (Sauber C13-Ilmor/Mercedes), doppiati di 2 giri. E non finisce qui: ancor più clamoroso ciò che accade sul tracciato cittadino di Adelaide nel 1995 (12 novembre), GP conclusivo della stagione. Damon Hill (Williams FW17B-Renault) sbanca l’Australia doppiando tutti: vince la corsa completando gli 81 giri previsti (l’unico a farlo!), precedendo Olivier Panis (Ligier JS41-Mugen Honda) e Gianni Morbidelli (Footwork FA16-Hart) di ben… 2 giri! Al 4° posto, Blundell (McLaren Mp4/10B-Ilmor/Mercedes), al 5° Mika Salo (Tyrrell 023-Yamaha), al 6° Pedro Lamy (Minardi M195-Cosworth) anch’essi fermi a 79 giri ultimati. 7° classificato è Pedro Diniz (Forti FG01-95-Cosworth, 77 passaggi), 8° ed ultimo classificato Bertrand Gachot (Pacific PR02-Cosworth, 76 passaggi).

Non occorre andare lontano nel tempo per assistere ad una classifica in cui pochi piloti riescono ad ultimare tutti i giri di gara. Nello scorso GP d’Austria (1 luglio 2018), solo i piloti a podio (Verstappen, Raikkonen, Vettel) ultimano i 71 giri di gara previsti. Tutti gli altri sono doppiati.

Questo rappresentativo excursus storico rivela verità e fatti storici oggi dimenticati e sottaciuti. I doppiati, dunque, fanno parte della Formula 1. Sono la Formula 1. Nulla di nuovo, insomma. Ma vogliamo dire di più: sono proprio gli anni in cui la Formula 1 ha espresso al meglio se stessa e la propria essenza tecnica e sportiva ad aver partorito classifiche qualificate da divari e distacchi particolarmente consistenti. Divari tra scuderie e distacchi altresì condizionati nel bene e nel male dai regolamenti tecnici e sportivi e dalla capacità delle scuderie stesse. Nel corso del recente passato, il numero dei doppiati è sceso a dismisura (e i distacchi, quindi, ridotti): motori congelati, immobilismo regolamentare e tecnico, chilometraggio dei motori imposto, numero di motori e cambi a stagione imposto, una alta affidabilità delle vetture di fatto forzosamente ingozzata e imposta dai regolamenti, standardizzazione di motori (ci riferiamo all’era V8 aspirati e degli attuali V6 Turbo), monogomma, pit-stop obbligatori, strategie spesso unificate, rifornimenti in gara (poi aboliti) ed altri fattori hanno condizionato le classifiche dei GP, riducendo i distacchi ed il numero dei doppiati. Un bene? Secondo noi no.

Nessun allarme, dunque. Nessuna “emergenza regolamenti e prestazioni” se, anche oggi, i doppiati saltuariamente abbondano. Anzi, c’è di che gioire. Diffidiamo fortemente, infatti, delle classifiche artificiosamente dopate a suon di Safety Car, Balance of Performance, regolamenti tecnici all’insegna della standardizzazione e altre diavolerie allo scopo di raccogliere i piloti in pochi secondi. Ciò accade, ad esempio, nei campionati statunitensi, nessuno escluso: dalla IndyCar alla NASCAR, passando per la IMSA. Tutti, troppo  e sempre raccolti in pochi secondi (persino nelle gare Endurance, quale, ad esempio, la 24 Ore di Daytona) per ritenere che sia tutto frutto del caso, della abilità dei piloti e dei team.

Se distacchi contenuti debbono essere, allora è bene siano solo ed esclusivamente espressione di regolamenti all’insegna della spontaneità: regolamenti sportivi essenziali, scarni e che non fanno ricorso ad artifici, regolamenti tecnici aperti, liberi, privi di quei lacci e lacciuoli finalizzati alla unificazione forzosa delle prestazioni delle vetture. Come, appunto, avveniva in passato. E va da sé che, prima del GP del Messico 2018, nessuno gridava allo scandalo se il primo classificato doppiava gli avversari di 2 giri.

Siamo arrivati a questo punto: ambiente della Formula 1 cronisti  anche blasonati e di esperienza  si scandalizzano e gridano all’allarme qualora sussista un consistente divario tra i migliori team ed il resto del gruppo e se, per un Gran Premio, le Mercedes hanno dovuto ingoiare circa 1 minuto e 20 secondi (Hamilton) e 1 giro (Bottas) dal vincitore. Si invoca la sfida tecnica e si guarda al passato con occhi dolci ma, intanto, F1 e stampa invocano regolamenti standardizzanti intesi ad accrescere un fantomatico, sedicente “spettacolo”; si invocano i duelli ma, intanto, si cerca il colpevole da penalizzare dopo ogni minimo contatto.

Contraddizioni, inappropriati toni allarmistici, evidenti ipocrisie in nome di una utopica, leccata Formula 1 in cui tutti debbono poter puntare alla vittoria e tutte le auto debbono poter marcare i medesimi tempi. Anche a costo di trasformare (ancor di più…) la F1 in una NASCAR a ruote scoperte.

No, grazie, preferisco i doppiati.

Scritto da: Paolo Pellegrini

Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/d9npWOF-TH0/il-gp-del-messico-e-i-falso-problema-dei-doppiati-nessun-allarme-questa-e-la-f1.php


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